New Release! The Sweet Survivor- Antonio Di Lorenzo
Il solstizio d’estate celebra il nuovo progetto discografico di Antonio Di Lorenzo, noto batterista, percussionista, compositore e collezionista pugliese
Il 21 Giugno esce The Sweet Survivor per la Bumps Records
Nel suo sesto album da solista alcuni maestri del jazz mondiale come Marc Ribot, John Medeski e Bruno Tommaso
Con una carriera prestigiosa in studio di registrazione e ‘on stage’ sui palchi di tutto il mondo con chi rappresenta la “Storia del Jazz”, avendo collaborato e suonato con Steve Lacy, Lee Konitz, Dave Liebmann, Marc Ribot, Bob Mintzer, John Medeski, Benny Golson, Enrico Rava, Massimo Urbani, Gianluigi Trovesi, Bruno Tommaso, Franco D’Andrea, solo per citarne alcuni, Antonio Di Lorenzo, vincitore nel 2020 dell’“Universal Audio Award” e per due anni consecutivi Leone D’Argento alla Biennale di Venezia, è apprezzato anche nel circuito pop. Collabora con Vinicio Capossela, Lucio Dalla, Paolo Conte, ha all’attivo più di 100 dischi, molti come leader, compone musiche per documentari e vince numerosi premi, confermando l’elezione nel 1998, nell’annuale referendum “Top jazz” della rivista Musica Jazz, a uno dei nuovi talenti del jazz italiano.
Vincitore del bando Puglia Sounds Record 2023, il suo ultimo lavoro da solista “The Sweet Survivor”, è disponibile da oggi su tutte le piattaforme digitali (Spotify, Apple Music, iTunes, Youtube, ecc…), in uscita su cd, ad agosto in vinile e a settembre (vera chicca) anche in musicassetta, con la pubblicazione a luglio di un single edit video della title track.
Il disco è un ‘concept album’ nato tra la Puglia, Los Angeles, New York e Londra durante il lockdown, probabilmente la sua opera più ‘personale’ in cui la vicenda umana si fonde con le molteplici fonti di ispirazione e l’amore profondo per la sua Puglia. Insieme a lui, alcuni suoi collaboratori storici come il fisarmonicista Vince Abbracciante e il bassista Dado Penta (i celebri The Bumps), il sassofonista Sabino Fino, ma anche altri giovani leoni come i fiatisti Cozzella, Mastropasqua, Fallacara, Paolo Daniele e le voci di Carol Comes e Vincenzo Scarafile. Oltre che i featuring di alcuni maestri del jazz mondiale come Marc Ribot, John Medeski e il Maestro Bruno Tommaso.
Nel disco confluiscono le tante influenze che vanno da Morricone al jazz, al tango, dall’avanguardia della musica alla tradizione, in un percorso sonoro che lascia incantati.
“The Sweet Survivor” è un lavoro intenso, pieno di emozioni e suggestioni musicali, un viaggio sonoro che lascia il segno nell’ascoltatore. Nulla nel disco è lasciato al caso e, come sempre, Antonio Di Lorenzo ha una cura sartoriale dei suoi lavori, dalle registrazioni alla scelta dei collaboratori (ha pubblicato un disco in ensemble ogni 10 anni e due dischi di solo drums). Questa volta, rispetto ai pluripremiati dischi precedenti, c’è più esperienza personale e musicale, ma anche più capacità di astrazione, oltre ad una grande attenzione per il materiale compositivo.
Il disco si apre con i suoni di una spiaggia e la fisarmonica di Abbracciante (Para mi Madre) in una struggente melodia, ma poi le voci da madrigalisti di Carol Comes e Scarafile fanno da preludio a una straordinaria performance al piano elettrico di John Medeski nel brano Recitativo per Ennio, un vintage funk all’italiana dedicato al grande maestro Morricone con tanto di citazioni di Edda Dell’Orso e fischio di Alessandro Alessandroni. Segue la title track “The Sweet Survivor”, una ballata con il tema esposto da Paolo Daniele all’armonica a bocca e un assolo intenso di Medeski ci porta verso lidi musicali cinematici di grande tensione emotiva. Tocca al solo di chitarra di Marc Ribot, originale e inimitabile come sempre, impreziosire “Last Tango for Diego” un brano nel cui titolo ci sono già tutti i punti di riferimento Bernardo Bertolucci, Gato Barbieri, la polvere e il genio calcistico di Maradona e l’amore di Di Lorenzo per le sonorità di Cinecittà e i primi anni ‘70 in Italia; di particolare rilievo l’arrangiamento straordinario di Bruno Tommaso per questo brano.
“Lullaby Langilla” è una ballad astratta con echi a metà strada tra Sakamoto e Bill Evans, eseguita in trio con Penta e Abbracciante (The Bumps), e poi tre miniature sonore “L’Arte della Fuga Impossibile” in cui l’autore si cimenta con le spy stories e la scrittura per B Movies e percussioni orchestrali. Conclude il disco “Grand Final” in cui un tagliente e acido solo di Marc Ribot prelude alle melodie da banda pugliese e all’unico spazio solista che l’autore si ritaglia nel disco, con un solo di batteria in crescendo che chiude insieme ai fiati l’intero percorso musicale. Un Grande Finale appunto.
«Sono assolutamente vintage. Ho voluto ricreare nell’ultimo lavoro quei suoni che sono la mia passione di collezionista, utilizzando per la registrazione dei brani in studio batterie vintage. Per i brani “Recitativo for Ennio” e “Grand final” ho suonato il set ‘Rogers Londoner pacific blue snare’ e ‘Ludwig Black Beauty’ 6,5; per “The Sweet Survivor” la ‘Ludwig Club Date 1964’ e ‘rullante Ludwig Auditorium 6,5’ del 1967. In “Last tango for Diego” e “L’Arte della Fuga Impossibile: da se stessi, dal mondo, dal nulla” il set ‘Slingerland Pop Outifit 1966’ e rullante ‘Ludwig Black Beauty 14×5’, per “Lullaby Langilla”invece ‘Rogers Londoner Butcher Block’ e rullante ‘Rogers Dynasonic metal 14×6,5’ del 1971».
Di Lorenzo firma tutti i brani originali del disco e non vi sono riletture o cover.
«Il mio rapporto con la batteria è viscerale, quasi erotico – sottolinea Di Lorenzo – diceva Duke Ellington: A drum is a woman. Non c’è altro da aggiungere».
Sicuramente l’opera più matura di un artista considerato giustamente dall’Enciclopedia del Jazz uno dei massimi specialisti del suo strumento, con una storia musicale tra le più suggestive tra gli artisti pugliesi in attività.
«Un disco che dedico a mia madre e a tutti i miei amici musicisti, come Gianni Lenoci, scomparsi nell’ultimo periodo, anche a causa del Covid, per questo mi sento un sopravvissuto (survivor ndr), ma un sopravvissuto felice, perché in fondo, io, “nipote d’arte”, i miei zii materni erano batteristi, ho fatto il lavoro che mi appassionava di più e per il quale ho studiato, ho fatto ciò che volevo nella vita: il batterista».